Il privilegio di nutrire

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di Giusy D’Urso

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Non ci pensiamo quasi mai mentre prepariamo una pietanza per i nostri cari, un panino per i nostri figli, uno stuzzichino per i nostri amici. Ma nutrire gli altri è un vero privilegio, un atto speciale, fatto di piccole azioni imparate dall’istinto, che ci introduce ogni volta nella dimensione preziosa dell’accudimento. Nel prendersi cura degli altri attraverso la manipolazione e l’offerta di cibo c’è la manifestazione di una memoria atavica e sociale, un valore che oggi difficilmente resiste sotto i colpi impietosi delle leggi di mercato. Eppure, attraverso quel cibo passa la rassicurazione di non essere soli, di appartenere a qualcosa, di avere una casa accogliente in cui tornare; dove la casa è ora la dimora della nostra famiglia, ora il nostro corpo che ci accompagna ogni giorno, o ancora il sistema sociale a cui apparteniamo.

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L’importanza di questo atto così simbolico non è sfuggita all’industria alimentare che ci propina continuamente immagini di famiglie felici intorno ad allegre tavole imbandite, sapendo di giocare coi bisogni fondamentali che oggi stentano ad avere risposte reali e creandone così di nuovi ed effimeri a cui essa stessa, l’industria del cibo, risponde prontamente. Essa, difatti, in un certo senso nutre, è innegabile; a volte può facilitarci l’esistenza, risolvere qualche problema nel quotidiano, ma non porta con sé quella ricchezza fisiologica che connota in natura l’atto del nutrimento. È bene esserne consapevoli.

Scartare e offrire un cibo industriale è un atto senza storia, né memoria; un gesto che si dimentica da sé, si autoesclude dalle esperienze personali, non genera né supporta alcuna relazione.Un gesto che risponde soltanto al bisogno di consumare qualcosa di commestibile che appaghi il palato e il desiderio si risparmiare tempo, denaro e sentimenti. Per questo progetto sono necessari nuovi bisogni, nuovi gusti, nuovi cibi, nuove abitudini che neghino modelli e strade antichi e creino, al contrario, nuove strutture, snelle, rapide, trendy.

Ma cosa sarà di questa nuova casa senza fondamenta?

www.giusidurso.com

 

 

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